venerdì 20 aprile 2012

Bert Hellinger

Studioso di telogia e pedagogia, a partire dal 1980 espose le basi delle sue linee teoretiche e metodologiche in merito alle Costellazioni Familiari e Sistemiche, una delle varie espressioni della psicologia fenomenologica e sistemica. Secondo Hellinger la vita di ognuno  è condizionata da destini e sentimenti che non sono veramente propri e personali; anche malattie gravi, il desiderio di morte e problemi sul lavoro possono essere dovuti a "grovigli" del sistema-famiglia e possono essere portati alla luce attraverso il processo delle Costellazioni Familiari. Riprodotta da rappresentanti, che in modo istintuale ricreano le interdipendenze esistenti tra i componenti di una famiglia o di un gruppo , questa ”messa in scena” va ad evidenziare le dinamiche inconsce  che causano sofferenza in molti aspetti della vita di ciascuno: nelle relazioni affettive, nelle relazioni in ambito professionale, nel rapporto con il denaro e la salute.  Efficacissime nella terapia familiare, di gruppo, di coppia, individuale, nella scuola, negli ospedali, negli uffici, in azienda, nelle carceri, la loro caratteristica principale è quella di fare riferimento agli “Ordini dell’Amore” e alle forze guaritrici radicate nel Sistema Familiare.Lo svolgimento della nostra vita in certi casi può seguire destini e sentimenti che non sono veramente nostri. Guidati dalla nostra Anima seguiamo dentro di noi una intelligenza costituita da una struttura arcaica, cieca e inconscia, preposta alla coesione e all’appartenenza nel sistema familiare. Questa intelligenza richiama continuamente l’attenzione alle sue regole d’Amore ed ai suoi Ordini dell’Amore. Per questo, se in una famiglia è stato dimenticato o escluso un membro, attraverso un altro membro giovane, di generazioni successive, che nulla sa di questo suo predecessore, lui potrebbe attrarre su di sé il destino di questi e cercherà di rappresentarlo affinchè  venga riconosciuto al suo posto di famiglia. Insisterà modificando la sua vita fino al raggiungimento del suo obbiettivo, a costo di seguirlo nella sua tragica sorte.



venerdì 13 aprile 2012

MEDITAZIONE DEL II CHAKRA: Svadhisthana

Chiudi gli occhi ed inspira profondamente dal naso, lasciando che l'aria immessa nel corpo gonfi gradualmente l'addome. Al culmine della tua capienza respiratoria, rilascia profondamente l'aria, sempre attraverso il naso, spingendo bene l'addome verso l'interno, nell'atto di svuotarlo completamente.
Assapora il benessere e la tranquillità che può offrirti una respirazione lenta e profonda che scenda fino all’addome….
Inspira ed espira, sempre più profondamente, i muscoli del viso cominciano a rilassarsi, gli occhi, le mascelle, la bocca si rilassano dolcemente, il mento il collo sono rilassati…sentite il vostro corpo mentre inspira ed espira….sentite il cuore che batte all’interno…la saliva in bocca, il cibo nel ventre..
adesso immaginate un frutto di colore arancione..esaminate la composizione della buccia…come la sentite sulla vostra pelle…le sue diverse sfumature di arancione…concentratevi sul colore arancione… ….concentratevi e permettete che l’intensità di questo colore cresca dentro di voi….e diffondetelo pian piano  nel vostro corpo…nelle profondità del vostro ventre diventate consapevoli di un caldo bagliore arancione che pulsa attraverso il bacino, l’addome, i genitali, la schiena, lungo le gambe e nutre tutto il corpo…siete vivi…siete un’onda in movimento…nulla dentro di voi è veramente immobile e nulla intorno a voi è immobile…tutto muta costantemente ad ogni momento…ogni suono, ogni raggio di luce, ogni respiro è un oscillazione, avanti e indietro, in costante movimento, che oscilla e refluisce…all’interno del vostro corpo vi è un fiume di mutamento…scoprite i sottili flussi interiori di movimento e di pensiero, che salgano e scendono, girano e penetrano…..scopriteli e seguiteli…lasciate che prendano slancio…rimuovete gli ostacoli liberando tutte le tensioni…
immaginate di essere vicino ad un ruscello, l’acqua è limpida, pura, fresca…pian piano immergetevi in quest’acqua…diventate una cosa con l’acqua…i vostri piedi sono puliti, le vostre gambe…le braccia sono pulite…il vostro viso è pulito…l’acqua che porta via tutte le cose negative che non desiderate nella vostra vita…di cosa volete liberarvi in questo momento?? Abitudini…tendenze…ferite…paure…tutto ciò che ritenete inutile….lasciate andare…liberatevene…ed immaginate che fluiscono fuori di voi….adesso pensate alle cose che vorreste avere nella vita… ….nuove cose, persone ed eventi…immaginate una cascata sulla vostra testa che riversa la sua benedizione su di voi..accoglietela e lasciatela fluire su tutto il corpo….

mercoledì 11 aprile 2012

http://www.youtube.com/watch?v=QOZPDdCkhxI&feature=player_detailpage

RISVEGLIARE L’EROE DENTRO DI NOI

Gli eroi uccidono draghi, salvano fanciulle o vittime in pericolo, e trovano i tesori. Alla fine del loro viaggio hanno raggiunto un lieto fine al proprio viaggio, in cui la loro nuova verità rinnovatrice diventa manifesta nella vita che ora vivono in comunione con la loro nuova famiglia e con gli altri.
Questo modello mitico è valido per il nostro viaggio personale, non appena torniamo da un viaggio ed entriamo in una nuova fase della nostra vita, noi siamo immediatamente catapultati in un nuovo tipo di viaggio; lo schema non è circolare ma a spirale. Ogni volta che ci rimettiamo in viaggio lo facciamo ad un nuovo livello e orniamo con un nuovo tesoro e capacità trasformative di nuovo conio. Il viaggio dell’eroe  non è un progetto di automiglioramento ma è un aiuto a trovare e onorare ciò che c’è di più autentico in noi. Le ricompense dell’autoscoperta sono notevoli. Quando troviamo noi stessi, ogni cosa sembra andare al suo posto. Riusciamo a vedere la nostra bellezza, la nostra intelligenza, la nostra bontà. Riusciamo a usarle produttivamente e questo ci appaga.
Nel nostro viaggio siamo sostenuti da guide interiori o archetipi, ciascuno dei quali rappresenta un particolare modo di essere in viaggio. Gli archetipi ci accompagnano dagli albori della storia umana. Poiché le guide sono in realtà archetipi e di conseguenza risiedono sotto forma di energia all’interno della vita psichica inconscia di tutti i popoli di ogni parte del mondo, esse esistono tanto dentro che fuori dello spirito umano individuale. Vivono in noi e noi viviamo in essi. Possiamo trovarli rivolgendo l’attenzione all’interno(ai nostri sogni, fantasia e spesso anche azioni) o dirigendosi verso l’esterno(verso il mito, l’arte, la letteratura, la religione). Gli archetipi ci forniscono immagini dell’eroe al nostro interno e oltre noi stessi.

GLI STADI DEL VIAGGIO:
Il viaggio dell’eroe comprende 3 fasi fondamentali: la preparazione, il viaggio vero e proprio ed il ritorno.
La preparazione:
 I primi 4 archetipi ci aiutano a prepararci al viaggio. Nell’ Innocenza apprendiamo l’ottimismo e la fiducia. Quando facciamo esperienza della “caduta” diventiamo Orfani, delusi, abbandonati, traditi della vita. L’Orfano ci insegna che dobbiamo provvedere da soli e smettere di contare sugli altri per la nostra tutela, ma l’Orfano si sente così disperatamente impotente che la sua migliore tecnica di sopravvivenza è quella di associarsi agli altri per scambievole aiuto.
Quando nella nostra vita entra il Guerriero, impariamo a porci traguardi ed elaborare strategie che richiedono di sviluppare disciplina e coraggio. Quando entra in funzione l’Angelo custode, impariamo ad avere cura degli altri, e di noi stessi.

Il viaggio:
Mettendoci in viaggio ci troviamo presto a sperimentare la privazione e la sofferenza, poiché il Distruttore ci toglie molto che ci era sembrato essenziale per vivere. L’iniziazione attraverso la sofferenza è compensata da un’iniziazione all’Eros, all’Amante, via via che ci troviamo ad amare le persone, cause, luoghi e lavoro. Questo amore è così forte che esige impegno, ed ecco che nn siamo più liberi. Il tesoro che emerge da questo incontro con la morte e l’amore è la nascita del vero sé. Il Creatore ci aiuta a cominciare a esprimere questo sé nel mondo e ci prepara a ritornare al regno.

Il ritorno:
Quando torniamo, ci rendiamo conto che siamo Sovrani del nostro regno. Ma possiamo essere sconcertati dalle condizioni in cui lo troviamo. Con l’entrare in azione del Mago nella nostra vita, ci iniziamo al risanamento e alla trasformazione di noi stessi e degli altri, così che il regno può continuamente rinnovarsi. Il Saggio ci aiuta a riconoscere qual è realmente la verità. Nel momento in cui impariamo tanto ad accettare la nostra soggettività che a liberarci dalla schiavitù delle illusioni e dei meschini desideri, diventiamo capaci di raggiungere una condizione di distacco in cui possiamo essere liberi. Siamo pronti a questo punto ad aprirci al Folle e a imparare a vivere gioiosamente l’attimo senza preoccuparci del domani.

La natura “a spirale” del viaggio:

Lo schema del percorso somiglia ad una spirale: la fase finale del viaggio, riassunta nell’archetipo del Folle, si riavvolge sul 1 archetipo, quello dell’innocente, ma ad un grado più alto che in precedenza. Questa volta l’Innocente è più saggio rispetto alla vita. Lungo il percorso a spirale, possiamo incontrare ciascun archetipo molte volte e nel processo possiamo conquistare nuove doti a livelli evolutivi più alti o più profondi.


RICONOSCERE LE FORME OMBRA DELLE GUIDE:

Gli eroi affrontano i draghi e questi possono essere di tanti tipi. Le 12 teste del drago sono gli aspetti ombra di ciascun archetipo; possono essere letali quanto i 7 peccati capitali, se non scopriamo il tesoro che ci nascondono. Molte volte quando sentiamo di star male è perché non riusciamo a uscire dall’espressione in forma negativa di un archetipo. Per ritrovare la nostra forza dobbiamo scoprire quale archetipo ci ha posseduto e quindi rifiutarci di subirlo. Quindi ciò che ci serve è procedere a esprimere il suo aspetto più positivo.

I LATI OMBRA DEGLI ARCHETIPI:


INNOCENTE: Si manifesta in una capacità di diniego che impedisce di riconoscere cosa sta realmente succedendo. È possibile che state facendo del male a voi stessi e agli altri, ma non lo ammetterete.

ORAFANO: E’ la vittima, che da’ agli altri la colpa della propria incapacità, irresponsabilità e persino del proprio comportamento rapace e si aspetta dalla vita l’esenzione e un trattamento speciale in virtù dei torti che ha subito.

GUERRIERO: E’ il cattivo che usa la qualità del guerriero a proprio vantaggio senza preoccuparsi della morale, dell’etica o del bene della collettività. Si riconosce anche nella tendenza a stare continuamente all’erta e percepire ogni cosa che accade come un’offesa, una minaccia o una sfida da affrontare.

ANGELO CUSTODE: E’ il martire che soffre, che controlla gli altri facendoli sentire colpevoli; si manifesta in tutti i comportamenti ricattatori e fagocitanti in cui l’individuo usa la propria funzione di cura e di protezione per dominare o soffocare gli altri.

CERCATORE: E’ il perfezionista .

DISTRUTTORE: Comprende tutti i comportamenti autodistruttivi-dipendenze, modi fare che insidiano la possibilità di rapporto, di riuscita della carriera, della carriera, di autostima, e tutti i comportamenti, quali la violenza fisica e psichica che hanno effetti distruttivi sugli altri.

AMANTE: Comprende le sirene, i seduttori, i ninfomani e tutti quelli che non sanno dire di no quando arriva la passione o, sono totalmente distruttivi quando una relazione d’amore si chiude.

CREATORE: Si manifesta nell’ossessività, quando il creare significa immaginare tante possibilità che non si può lavorare appieno nessuna. Una forma di questo è il lavoro.

SOVRANO: E’ il malvagio tiranno che insiste sul suo modo di fare e bandisce gli elementi creativi dal regno per avere a tutti i costi il controllo.

MAGO: Lo stregone malefico, che trasforma le scelte positive in negative. Ci applichiamo a questa sorta di magia nera tutte le volte che sminuiamo noi stessi o un altro, o riduciamo le scelte e le possibilità. Col risultato di una diminuzione di autostima.

SAGGIO: Il giudice impietoso, freddo razionale, senza cuore, dogmatico e spesso solenne, che valuta noi e gli altri e decreta che non siamo bravi abbastanza.

FOLLE: Il ghiottone, il libertino totalmente definito dagli istinti e le voglie del corpo e privo di qualsiasi senso di dignità o di autocontrollo.

Risvegliare gli eroi dentro di noi

Il modo migliore per liberarci della possessione dell’ombra è quello di risvegliare il nostro potenziale eroico. Tutti abbiamo dentro di noi un eroe, ma non sempre siamo coscienti di questa realtà. L’eroe è addormentato. Il nostro compito è di risvegliarlo. Il modo più naturale di alzarsi al mattino è di svegliarsi quando il sole illumina la stanza. Il modo più naturale di attivare il potenziale interiore è di illuminarlo con la luce della coscienza. Quando incominciamo a vedere che abbiamo un eroe al nostro interno, l’eroe si sveglia naturalmente.
Così è per gli archetipi. Nel momento in cui proiettiamo su di essi la luce della coscienza, riconoscendo che sono all’interno, essi si risvegliano per arricchire la nostra vita.

Le tappe del viaggio
 La psicologia degli archetipi onora i ruoli relativi all’Io, al Sé e allo Spirito.

L’io:
Un io sano è la condizione fondamentale per un viaggio senza rischi. L’io è la sede della coscienza, la prova dell’esistenza di un’entità individuale separata dalla madre e dal resto del mondo, un’entità che può esercitare un’influenza su quel mondo.
Quando la vita inizia, l’io deve ancora formarsi. Siamo lasciati alla cura dei genitori o da altri adulti. Via, via che acquistiamo un certo controllo sui nostri movimenti, sulla parola e sulle azioni, cominciamo a imparare che ciò che facciamo può influenzare ciò che accade. Insieme a questa consapevolezza nasce L’IO. Ad un certo punto dell’infanzia, l’io comincia ad assumere parte della funzione protettiva fino ad allora svolta dai genitori e via che matura, si fa totalmente carico del compito. Ed il suo compito è quello di mediare il nostro rapporto col mondo esterno.

INFLUENZA DEGLI ARCHETIPI SULLO SVILUPPO DELL’IO:
Gli archetipi associati allo sviluppo dell’io ci aiutano a imparare ad assumerci la responsabilità della nostra vita e a fondare le componenti essenziali della coscienza dell’io.

L’INNOCENTE: ci aiuta a crearci una persona, la maschera che indossiamo nel mondo, la nostra personalità, il nostro ruolo sociale. Il nostro innocente vuol essere amato ed essere parte delle cose, vuole che siamo socialmente accettabili, che ci inseriamo, che gli altri ci vogliano bene e siano fieri di noi.
ORFANO: una volta che l’innocente ha scelto la persona, l’orfano interno, che mira alla sopravvivenza ed è abbastanza cinico, si impadronisce della situazione e vede quali delle nostre qualità dovranno essere sacrificate o diventare clandestine per soddisfare alla nuova immagine. Ad esempio un bambino che sceglie un modo d’essere conformista dovrà sacrificare la sua vitalità.
L’orfano cerca di proteggerci dal rischio di essere abbandonati, feriti schiacciati.

IL GUERRIERO: L’es è la parte della psiche caratterizzata dalla vita istintuale indifferenziata. In essa risiedono i nostri istinti e le nostre passioni più elementari, e da essa viene tutto il desiderio. L’io si separa dall’es e lavora per tenerlo sotto controllo. L’io media fra l’es e il mondo esterno, provvedendo a un certo controllo razionale per mettere a fuoco e imbrigliare le pulsioni dell’es. Il guerriero collabora a questo compito.
Agisce anche al servizio del Super io per soffocare o punire le tendenze che vede come immorali, autodistruttive o dannose agli altri.

L’ANGELO CUSTODE: si associa agli aspetti più gentili del super io e ci aiuta a sviluppare il senso della moralità e della premura per gli altri. L’abilità dell’angelo custode a sacrificare il bene individuale per quello generale e la capacità di educare e confortare gli latri sono essenziali per sviluppare una psiche in cui ci sia spazio tanto per l’io che per lo spirito.

LO SPRITO:
Lo spirito è la parte della nostra psiche che ci collega con l’eterno e ci fa sentire che la nostra vita ha un valore e un senso.
Alcune culture hanno creato particolari esperienze di iniziazione ai sacri misteri dello Spirito. I grandi culti misterici del periodo ellenistico in Grecia, Siria, Egitto e Persia erano iniziazioni segrete intese ad aiutare l’individuo a liberarsi dalla realtà comunemente accettata per vedere e udire le antiche verità spirituali. Scopo dell’iniziazione è aiutarci a riconoscere il senso razionale e profondo che nella nostra vita ha l’esperienza in essa simboleggiata. I non iniziati fanno anch’essi esperienza dello spirito, ma mancano di riconoscere il significato e il potere. L’iniziazione rende quelle esperienze coscienti, non nel linguaggio dell’Io ma in quello dello Spirito: attraverso il mito, il simbolo, il canto, l’arte, la letteratura, il rituale. Il viaggio dell’eroe è un’iniziazione alle realtà del viaggio spirituale. Esso richiede che instauriamo e quindi abbandoniamo il controllo sulla nostra vita, che mettiamo da parte il nostro dolore davanti alla morte per sperimentare la totalità della vita. Per fare questo dobbiamo ampliare l’angusta visione del nostro Io. Dobbiamo lasciar andare il sentimento, la sicurezza, la stessa nostra preoccupazione per la sicurezza fisica, l’efficienza e la virtù. Il viaggio esige che mettiamo tutti questi interessi da parte e vediamo la verità dello spirito: l’essenza della vita è mistero. La verità dello spirito non deve necessariamente avere un senso dal punto di vista razionale dell’io. E’ bene essere ricchi sani e saggi, ma ciò che ci rende vivi e reali è viaggiare nei misteri centrali della vita, dove impariamo a conoscere la frantumazione, la morte, la dissoluzione, il sesso, la passione e l’estasi, e vediamo la bellezza di tutto questo. Prive dello spirito ci sentiamo automi, facciamo i movimenti giusti, ma è un movimento senza significato. Possiamo addirittura passare attraverso molte delle esperienze della iniziazione, ma siamo totalmente tagliati fuori dal nostro spirito che non ci accade nulla e non subiamo alcuna trasformazione.
L’iniziazione comincia nell’infanzia con le nostre prime esperienze di confusione, sofferenza, intenso amore, intenso desiderio e frustrazione.  Esempio: Pinocchio…la sete che si prova è quella di un’esperienza più autentica.
L’accesso ai misteri, attraverso la terapia analitica o il misticismo o con l’esperienza diretta dell’amore e della morte nella propria esistenza equivale a imparare ad accettare e amare la vita nel corpo e su questa terra. Il corpo è l’espressione dello spirito ed il nostro spirito ha bisogno del corpo perché possiamo partecipare al ciclo del nascere e morire cosmico e in tal modo divenire più pienamente il nostro Sé. Quando lasciamo andare tutto ciò che nella nostra vita e della nostra coscienza deve morire e ci apriamo a ciò che deve nascere, impariamo a provare lo stupore e il timor sacro che la volontaria partecipazione a questo ciclo cosmico può portare.
Per ogni esperienza iniziatica è essenziale un mutamento di prospettiva, dobbiamo imparare a vedere, udire e pensare in modi che ci rendano accessibili nuovi livelli di esperienza.
A volte è una nuova intuizione profonda, che sale su dall’interno, e si esprime in un sogno o in esperienze di veglia, esperienze di liberazione o di riconoscimento. Altre volte ci arriva attraverso la sincronicità, quando un amico, un libro, una lettera…o può venirci attraverso il linguaggio della natura o attraverso un simbolo. Il linguaggio dello Spirito appartiene all’emisfero destro del cervello, è metaforico narrativo, paradossale, del tutto diverso dal linguaggio dell’Io  che appartiene all’emisfero sinistro, logico, dualistico discorsivo.

ALCHIMIA COME VERITA’ PSICOLOGICA IN CODICE:
E’ opinione diffusa che gli alchimisti fossero dei chimici falliti, ma il tentativo di cambiare il piombo in oro in laboratorio non era in realtà il loro scopo primario, o almeno non lo era per quelli che conoscevano veramente la tradizione. Il realtà, i processi alchemici e i miti relativi al viaggio contengono in codice gli stadi fondamentali dello sviluppo e della crescita psicologica. L’obiettivo della trasformazione materiale del piombo in oro era sempre secondario, per i veri alchimisti, al più vasto obiettivo spirituale di elevare una coscienza di piombo a una coscienza aurea. Vale a dire espandere la coscienza dell’io per fare esperienza dello spirito e nel processo dar nascita al sé. La realizzazione della trasformazione del piombo in oro sul piano fisico era considerata un segno esterno della più importante realizzazione interiore, spirituale.

L’INFLUENZA DEGLI ARCHETIPI SULLO SVILUPPO SPIRITUALE NEL MONDO MODERNO:

I 4 archetipi più attivi verso l’autenticità –il cercatore, il distruttore, l’amante, il creatore- parlavano all’umanità attraverso gli antichi culti misterici e attraverso l’alchimia e parlano  a noi oggi attraverso la psicoanalisi e altri processi che ci collegano al nostro profondo. Essi ci aiutano a sperimentare il senso e l’autenticità della nostra vita.

CERCATORE: insegue la trasformazione e l’illuminazione, ma inizialmente è fortemente condizionato dal processo pensante dell’io. La ricerca è nel trascendere la nostra pura  e semplice umanità. Questa è la chiamata dell’elemento divino, in avanti e verso l’alto, una costante sfida al miglioramento di sé. L’iniziazione alla fine ci chiede di rinunciare ad ascendere, in modo da poter discendere nelle profondità dello Spirito e nella verità dello Spirito. Il viaggio del cercatore richiede il coraggio di spezzare le dipendenze e di fare un salto nell’ignoto. Il cercatore in ciascuno di noi ci spinge a esplorare ciò che ci fa paura, così che sfidando l’ignoto noi stessi ci possiamo trasformare.

IL DISTRUTTORE: nei nostri viaggi interiori possiamo all’inizio fare esperienza del distruttore all’interno della psiche come dell’Ombra negativa, i sé potenziali che abbiamo rimosso. Essendo stati odiati, soffocati, rinchiusi e detestati, questi non hanno avuto la possibilità di svilupparsi e crescere e sono diventati contorti e maligni nella loro espressione. Jung spiega che l’Ombra permette uno sfogo all’inconscio. L’assumerci la responsabilità della nostra propria Ombra ci dà accesso alle grandi ricchezze del mondo inferiore. E’ questa la ragione per cui il mondo sotterraneo è spesso raffigurato come ripieno di splendide gemme e tesori custoditi da enormi mostri. Ogni eroe sa che non si può raggiungere il tesoro se non si è disposti ad affrontare il drago. La prima volta che facciamo questo, vi perveniamo in quanto guerrieri, convinti che il drago sia fuori di noi. Lo uccidiamo e conquistiamo il tesoro e la forza dell’io. La volta seguente che ci confrontiamo col drago riconosciamo che il drago siamo noi stessi e otteniamo di accedere ai tesori del nostro Spirito.
Il realtà, l’Ombra è una forma benigna del distruttore anche se il suo erompere nella psiche può essere terrificante; una volta integrata e quindi trasformata, ci gratifica sempre di un grande dono.

L’AMANTE: archetipo interiore dell’amante si trova nell’energia della vitalità a livello erotico, simboleggiata dall’accoppiamento del dio e della dea interiori. E’ stato spesso fatto un collegamento fra il matrimonio, l’unità psicologica e la natura del cosmo. Simbolo di questo sono le nozze sacre che originano il Sé. Jung ha insegnato che il nostro ingresso nel mondo dello spirito avviene attraverso l’integrazione nella psiche dell’elemento sessuale opposto, per gli uomini questo è l’ANIMA,, per le donne l’ANIMUS. Possiamo riconoscere questa figura psichica in una quantità di modi: l’anima o l’animus emerge spesso nei nostri sogni, appare spesso nelle nostre espressioni artistiche e ci troviamo ad essere attratti da uomini o donne reali  che incarnano le qualità del nostro animus e della nostra anima interiori.
Quantunque le nozze sacre fra il dio e la dea non appartengano più al simbolismo delle più importanti religioni occidentali, restano una realtà della vita psichica. Le nozze sacre all’interno della psiche sono variamente immaginate come l’unione di attributi psicologici opposti: maschio e femmina, spirito e materia, conscio e inconscio. L’unificazione di ciascuna di queste polarità – che arriva nel momento in cui siamo capaci di sentimento redentivi, di amore-compassione(agape) non soltanto per l’altro ma anche per noi stessi- si manifesta in una più profonda e più unificata esperienza del sé, caratterizzata da sempre maggiori intensità e completezza.

IL CREATORE: questo archetipo ci aiuta a risvegliare il seme sepolto nel profondo della nostra più autentica identità. Esso preside al processo del generare la nostra vita. Fa parte di ciò che chiamiamo la nostra immaginazione e fornisce una direzione ai nostri sforzi immaginativi. Senza immaginazione, non possiamo crearci una vita, senza il senso del vero Sé, la nostra immaginazione non ha fuoco su cui concentrarsi. Crea tanti progetti e tante idee, ma questi sono sparsi e disgregati e in definitiva insoddisfacenti. Houston chiama questo seme la “entelechia”, ponendo l’accento non sulla sua identità cosmica, ma sulla missione vitale segreta e unica di ciascun individuo. Il legame con “entelechia” ha sempre contraddistinto i grandi personaggi della storia, che fossero artisti, musicisti, scienziati, essi hanno il senso dell’autenticità e dell’unicità della loro missione. Collegarci col nostro spirito significa entrare in contatto al livello più profondo con l’ entelechia- il nostro destino individuale- così da realizzare vivendo il nostro proprio compito e portare al pianeta il nostro contributo.

IL SE’:ESPRIMERE SE STESSI NEL MONDO
Il sé è un’espressione di completezza, il viaggio ha avuto termine, il tesoro è stato conquistato e il regno, la propria vita, viene trasformato sulla base del nuovo principio ordinatore. Diventiamo Re e Regine del nostro regno, e nella misura in cui siamo fedeli al nostro sé interiore, le zone di deserto della nostra vita iniziano a fiorire. Il sovrano spesso si tiene stretto a idee antiquate rispetto al modo di fare le cose e persino rispetto alla propria identità. Ma il viaggio dell’eroe è a spirale, non procede in linea retta: occorre che egli continui a viaggiare per rinnovare se stesso e il suo regno. Il sovrano che resta attaccato troppo a lungo alla vecchia realtà diventa malvagio e tiranno, che soffoca la vitalità del regno o della psiche individuale. per evitare questo dobbiamo una volta ancora sacrificare il vecchio sovrano e permettere al nuovo eroe di governare al suo posto, così che il regno sia vitale e ricco.

IL SE’ E L’EQUILIBRIO INTERIORE

Alcuni sovrani avevano un mago, un saggio ed un folle. Le figure tradizionali della corte mantenevano l’equilibrio nel regno. Ciascuna ha il suo tipo di legame col regno del transpersonale. Ciascuna è androgina. E al tempo stesso ciascuna integra le altre, creando un intero maggiore della somma delle sue parti.

Il sovrano: è associato alla creazione dell’integrità e dell’ordine psicologici. Meta del sovrano per la psiche è creare un sé individuale, unificato, che si manifesti in tutta la sua pienezza. Il sovrano è il direttore generale che provvede all’ordine della psiche, e’ anche l’io rieducato che, ai suoi livelli più alti, non ha bisogno di proteggere la psiche dallo spirito. Se il nostro sovrano è a un alto livello di evoluzione assicurerà che ciascuna delle vostre voci interiori, e tutti gli archetipi attivi nella nostra vita, abbiano la possibilità di parlare e farsi udire.

Il mago:è l’elemento che può continuamente guarire e trasformare il sé quando l’ordine diventa troppo rigido. Opera all’interno della psiche come agente di rinnovamento e rigenerazione per se stessi e per gli altri. E’ la parte della psiche che può integrare l’ombra e trasformarla in energia inutile. Il mago è l’alchimista interiore capace di tramutare le emozioni e i pensieri inferiori in emozioni e pensieri più evoluti, di aiutarci ad operare nuovi modelli di comportamento e a trasformare i comportamenti elementari in altri più raffinati e rispondenti alle situazioni.

Il saggio: è la parte della psiche che è abituata a meditare. Osserva i nostri pensieri e le nostre emozioni ma è al di là di entrambi. Il saggio ci aiuta a fronteggiare la nuda realtà della nostra vita e a trascendere la nostra piccola identità per fonderci con le verità cosmiche.

Il folle: è l’elemento della psiche che rappresenta la molteplicità della coscienza. E’ il responsabile dei lapsus freudiani e di altre indicazioni del fatto che ciò che la mente cosciente pensa di volere non è l’intera realtà. Il folle ci insegna che noi espriamo sempre i nostri sé nel mondo e non l’unico sé. L’importante per il folle è esprimere tutti i propri diversi sé perché ciò è piacevole. Questo archetipo ci fornisce quindi l spazio per esprimere i nostri sé nel mondo, non tanto per trasformare il mondo, quanto per dare espressione al nostro essere.
Il folle non si lascia mai realmente condizionare della società convenzionale, ma impara le regole di quella società e il modo di giocarci positivamente. Quest’abilità comprende l’interpretare un ruolo sociale conveniente senza identificarsi con esso. Il folle che si concede il tempo di sapere che cosa vuole, pensa e sente può cambiare ruolo col mutare di situazioni e circostanze senza soffrire di crisi d’identità. Il briccone in ognuno di noi ha bisogno di un certo tempo per girare ed esplorare il mondo, al solo fine di rispondere alla sua sete di sensazioni ed esperienze e di scoprire chi è, che cosa gli piace e che cosa No. Senza di questo non avremmo mai un vero senso d’identità. L’energia del briccone dovrebbe essere controllata ed incanalata, ma non dovrebbe mai essere totalmente soffocata. In vecchiaia, il folle ci insegna a lasciar andare il bisogno di potere e di traguardi e di conquiste e a vivere ogni giorno come viene. E’ ciò che proviamo ogni volta che nella vita la coscienza della mortalità ci porta ad assaporare il singolo momento che viviamo come prezioso in sé.


L’INNOCENTE


INNOCENTE:

traguardo: restare al sicuro
Paura: di essere abbandonato
Risposta al drago problema: lo nega e cerca di essere salvato
Compito: fedeltà
Dono: fiducia, ottimismo lealtà



L’innocente è la parte do noi che crede nella vita, in noi stessi e negli altri. E’ la parte che possiede la fede e la speranza, anche quando in apparenza le cose sembrano impossibili. E’ la parte di noi che continua a credere in ciò per cui spera.
In tute le sue versioni, il viaggio dell’innocente ha inizio in una sorta di utopia, un ambiente sicuro, sereno e pieno d’amore. D’improvviso veniamo scaraventati fuori da quell’ambiente ed entriamo in un mondo in ci veniamo giudicati, in cui si fanno ingiuste discriminazioni, in cui dominiamo il conflitto e la violenza e le illusioni vengono infrante.
L’innocente che è in ognuno di noi, sa che se quel giardino sicuro è stato possibile da qualche parte in un qualche parte in un qualche tempo, anche se personalmente non ricordiamo di averne mai fatto esperienza e dunque gli resta la memoria originaria di una vita migliore di quell’attuale. L’eroe spesso comincia come l’innocente ma spesso diventa un orfano, un emarginato o straniero in terra straniera. La ricerca è motivata dal desiderio di ritrovare i propri genitori. “se non diverrete come bambini non entrerete mai nel regno dei cieli” come diceva Cristo..è questa capacità di fede che ci consente di tenerci stretti ai nostri sogni, alle speranze e alle nostre visioni anche quando le cose sembrano disperate e di renderli in questo modo fruibili. A livello ideale quando cominciamo a impegnarci in una nuova impresa noi lo facciamo con una sorta di innocenza e cioè in uno spirito di ottimismo di apertura e di entusiasmo.

IL LATO OMBRA DELL’INNOCENZA

L’innocente tende a proteggere lo stato innocente della fiducia e dell’ottimismo e di conseguenza rifiuta la caduta.
Facendo questo però può aprire la porta all’innocente ombra. Ad esempio all’attaccamento patologico all’innocenza e al rifiuto della caduta possono addirittura collegarsi le turbe relative al rapporto col cibo. L’innocente incline al diniego non vuole vedere che il genitore, l’insegnante, la persona che ama non merita fiducia. Per questo motivo, il nostro innocente interno continua a mettersi nelle stesse situazioni umilianti e a farsi offendere e maltrattare una volta dopo l’altra. L’innocente  può anche voler ignorare il significato delle sue azioni ed evitare di assumersi la sua parte di responsabilità nei problemi che lo riguardano.
Gli innocenti che di frequente si sentono individui privilegiati possono possedere un certo carisma. Sono convinti che la loro bontà gli assicuri la protezione dei loro simili e dell’universo. Per quanto siano di una bontà angelica raramente si prendono la propria parte di responsabilità nella vita. La vita adulta dell’innocente non va perché non cresce mai realmente. Quando il nostro innocente interiore si rende conto che l’altro non vuole quello che vuole lui e che i suoi desideri possono essere frustati di regola oscilla fra le manifestazioni di una rabbia infantile e il tentativo di utilizzare tutto il proprio fascino per ottenere ciò che vuole la volta seguente.



L’ORFANO

Traguardo: ritrovare la sicurezza
Paura: di essere sfruttato
Risposta al problema: impotenza, desiderio d’essere salvato
Compito analizzare a fondo il dolore e la delusione ed essere aperto a ricevere aiuto dagli altri
Dono: empatia, interdipendenza, realismo

L’archetipo dell’orfano all’interno di ciascuno di noi è attivato da tutte le esperienze in cui il nostro bambino interno si sente trascurato, abbandonato, tradito e deluso.
Quando nella nostra vita domina l’orfano, il mondo sembra un posto senza speranza. Siamo stati abbandonati da qualsiasi figura paterna potesse salvarci e rimaniamo in una terra abitata da due soli tipi di persone: i deboli che soccombono e i forti che ignorano o abusano dei deboli. L’esperienza emotiva della vita tipica dell’orfano è quella di un bambino che piange nel suo lettino, sapendo che nessuno verrà. Alla fine, il bambino smette di piangere ma la penna e la solitudine interne non se ne vanno. A volte gli orfani si sentono come esuli. Quando gli innocenti Adamo ed Eva sono scacciati dal paradiso, Dio promette loro la redenzione attraverso la fede e la perseveranza nelle difficoltà. Altri personaggi colpevoli sono scacciati come orfani: Caino, Ismaele, Lucifero. Il fato di tali orfani è d’essere banditi in eterno dall’Eden, la terra natia, o lo stesso paradiso.
Quando in noi l’orfano è forte vediamo le magagne di autorità e istituzioni e i danni che producono in noi e negli altri. Siamo critici, ma in un primo momento ci sentiamo impotenti a fare una cosa qualsiasi. Possiamo solo sentirci alienati. Alla fine l’orfano impara il potere dell’affrontare la propria frustrazione e i propri limiti e del provare fino in fondo la sofferenza che gli causano. Questo lo rende libero di collaborare alla creazione di un mondo migliore, quel mondo che si dice solo gli orfani uniti possono costruire. Avendo perso fiducia nell’autorità , l’orfano tende anche fortemente ad associarsi coi coetanei e spesso è pronto a sacrificare ogni senso della propria individualità separata per appartenere al gruppo.
Quando si ritorce contro di noi l’orfanità è andata troppo oltre. Molte persone mostrano pochi segni esteriori del loro proprio organizzarsi poiché la gente che vive secondo un falso sé è di regola conformista e perfettamente integrata. Spesso sembra fatta in serie e priva di spessore o addirittura un po’ nevrotica, ma la condizione è così comune che non sembra allarmante né tanto meno patologica. Queste persone mancano del minimo senso d’identità, non è raro che provino una sensazione di vuoto all’altezza del plesso solare. Queste persone quando si guardano dentro temono di non trovare nulla o temono i mostri interiori- ombre, di conseguenza non chiedono aiuto a meno che la situazione non precipiti. Nei casi peggiori possono diventare talmente cinici da non provare neppure più piacere o a conquistarsi gli amici e a esercitare un certo influsso sugli altri, contentandosi semplicemente delle gratificazioni che trovano: quella del comprare oggetti, cibi raffinati, begli abiti. L’autostima di certi orfani è talmente menomata che è difficile per loro progredire in un campo qualsiasi- scuola, sport, lavoro, psicoterapia, cammino spirituale. Ogni minimo fallimento appare un segno della loro inadeguatezza e si crolla o si proietta la colpa sugli altri. Chi appartiene a questa categoria ha bisogno di amore, sostegno e aiuto per uscire fuori dalla sua immobilità. Spesso questo sostegno viene all’inizio da una singola persona, ma idealmente comprende anche il sostegno degli altri non appena sia disponibile. Senza l’aiuto l’orfano può soccombere al cinismo, che diventa una scusa per un comportamento immorale, insensibile o criminale, che l’orfano può giustificare scaricandone la colpa sulla prima infanzia, sulla società o sul tono generale dei tempi.


IL GUERRIERO

Traguardo: vincere, farsi strada, cambiare le cose attraverso la lotta
Paura: la debolezza, l’impotenza, l’inettitudine
Risposta al drago: ucciderlo, sconfiggerlo o convertirlo
Compito: affermare l’ideale
Dono: coraggio, disciplina, abilità

Il guerriero dentro di noi ci chiama a essere coraggiosi, integri e forti, capaci di fissarci delle mete e di raggiungerle, capaci di combattere per noi stessi e per gli altri.
I guerrieri vivono, e quando serve combattono, per le proprie idee e valori, anche quando questo costa molto in termini economici e sociali.
Il mito del guerriero ci dice come il coraggio e la lotta dell’uomo possano vincere il male. Esso è racchiuso in forma simbolica in tutte le storie dei grandi guerrieri che affrontano il drago, il malvagio tiranno, le forze del male o le circostanze avverse, e nel fare questo salvano non soltanto se stessi ma gli altri, in particolare quelli più deboli di loro.
Certi guerrieri non riescono a vedere il mondo da altre prospettive che la propria. Per loro il mondo è fatto di eroi, cattivi e vittime da salvare. Appartengono a questa categoria gli educatori che sostengono la competizione come l’unico modo per ottenere che gli allievi studino, i medici che combattono la malattia anche se questo fa sentire al paziente il proprio corpo come un campo di battaglia, gli uomini di affari che non badano alla salute e alla vita familiare pur di poter firmare l’importante contratto. L’aspetto negativo dell’archetipo è la convinzione che non va bene essere semplicemente umani. Dobbiamo provare che siamo meglio degli altri. Il guerriero vuol essere il migliore e l’affermare il potere comporta sempre dei rischi, non ultimi i rischi morali. Il problema dell’archetipo del guerriero oggi è che tanti non sono affatto tali. Sono orfani, che placano il loro senso di mancanza di potere cercando di controllare gli altri.
Il guerriero ai suoi inizi ha fondamentalmente due tipi di difesa: la segretezza e la ritirata strategica. La segretezza è una sorta di camuffamento. Chi potrebbe attaccare il nostro nuovo interesse, la nostra nuova idea, il nostro nascente senso del sé, non può farlo, perché nessuno sa nulla. Il buon G. sa che non si dovrebbe mai entrare in guerra se non si è preparati abbastanza. Ciò significa non voler sollevare questioni che potrebbero provocare un conflitto con l’altro, fin quando non ci si fida abbastanza del rapporto da pensare di poter correre il rischio della separazione e fin quando non sia abbastanza protetti da poter combattere. La ritirata strategica è una questione di buon senso. Quando è sopraffatto da una forza superiore, il G. si ritira e prende tempo per ricostituire le forze. Si tratta del bambino che inizia a separarsi dai genitori, dell’adolescente che prova a staccarsi dal gruppo dei coetanei, dell’adulto che scopre di essere diverso da amici, colleghi, collaboratori, se la risposta da parte degli altri è negativa e punitiva, l’individuo spesso si ritrarrà in sé per un bel po’, per leccarsi le ferite, curarsi e tornare nel mondo.
I bravi G. cercano di controllare la zona della battaglia e di non combattere fin quando non sono pronti da avere buone possibilità di vittoria. Dedicare un certo all’addestramento di base e costruirsi un piano di battaglia vuol dire solo essere accorti. Durante questo tempo di preparazione, si impara l’autodisciplina e l’abilità del G. di classe nel controllo dei propri impulsi e sentimenti. Ma alla fine si deve combattere e per quello ci vuole coraggio. Ci sono persone che iniziano a combattere dalla nascita. Lottano coi fratelli, coi genitori, con gli amici e così facendo affinano le capacità. Col tempo possono imparare a smussarne un po’ il taglio, per scoprire che l’arte del G. non è lottare per lottare, ma nell’avere la saggezza e il coraggio di sapere dove e quando lottare. Alla fine il G. capace impara che per influenzare il proprio ambiente in un modo che in definitiva gli dà quello che vuole, deve sapere che cosa vuole ed essere pronto a combattere per averlo. Forse la cosa più importante che si impara nell’educarsi all’affermazione è avere la chiara percezione di ciò che si vuole ottenere e saperlo dire agli altri in una maniera chiara e rispettosa. Non si tratta sempre di dire la propria verità. Molte volte non abbiamo bisogno di dirla a nessuno. Dobbiamo solo avere ben chiaro ciò che vogliamo, agire in base a quella conoscenza, e tenere assolutamente gli occhi fissi sulla meta.
Per il G. arrivato al grado più alto, la vera guerra è sempre contro i nemici interiori, l’accidia, il cinismo, la disperazione, l’irresponsabilità ed il diniego. È il coraggio di affrontare i draghi interiori quello che in ultima analisi ci permette di affrontare quelli esteriori con intelligenza, autodisciplina e saggezza.
Il costo della lotta può essere altissimo, perché il mondo è spesso un posto duro. È importante essere abbastanza duri non solo per resistere, ma anche per scegliere le battaglie giuste. I G. maturi non devono combattere per ogni cosa. Si scelgono con cura le cause per cui battersi. Il G. si pone un traguardo ed escogita strategie per raggiungerlo. Cercano di convincere gli altri a sostenere le loro battaglie. Comprendono la politica di un’organizzazione e in che modo assicurarsi il sostegno alla propria causa. Riescono a evitare il voto o la decisione definitiva finché non sono certi di poter contare sul consenso di cui hanno bisogno. Arrivano al combattimento vero solo come ultima risorsa, dopo aver valutato ogni altra possibilità. Un vero G. incute sempre rispetto per la sua forza e per la sua acuta valutazione di persone e situazioni, che lo porta a combattere quando occorre combattere e a cercare un compromesso creativo quando questo è possibile. Il vero G. può preferire la pace, ma non ha paura della guerra. Il G. si trova più a suo agio in un universo in cui le regole del bene e del male sono semplici e chiare, ed è facile sapere chi e che cosa è giusto. Ma il mondo non è fatto così. Essere G. oggi richiede integrità all’interno di un universo moralmente complesso e ambiguo.  


L’ANGELO CUSTODE

Traguardo: aiutare gli altri, trasformare positivamente il mondo attraverso il sacrificio e l’amore
Paura: egoismo, ingratitudine risposta al drago: pendersi cura del drago o di quelli a cui esso nuoce
Compito: dare senza menomare se stessi o gli altri
Dono: compassione, generosità.

Un simbolo dell’angelo custode è l’albero della vita, che continuamente ci nutre e ci sostiene. Questo antico simbolo rappresenta l’abbondanza, la promessa che ci sarà quanto basta per ciascuno do noi: la madre terra ci fornisce ciò di cui abbiamo bisogno. Nella cabala, che è un testo mistico ebraico, l’albero della vita è il simbolo del sostentamento spirituale e il nutrimento e il cibo che fornisce la sapienza non il pane. Questo significato del simbolo richiama anche l’albero della vita del paradiso terrestre, nella sua versione di albero della conoscenza del bene e del male. Con la fortunata caduta nel momento in cui scelgono la conoscenza rispetto all’innocenza, Adamo ed Eva si aprono a ricevere la vita in tutta la sua pienezza, col suo piacere e dolore. L’albero della vita è anche l’albero della Bodhi, sotto cui sedeva Buddha quando ricevette l’illuminazione. In seguito lo stesso albero mistico appare nella forma del crocifisso che allude alla caratteristica di martire dell’angelo custode in genere. Quello dell’A.C. è il più alto di tutti gli archetipi associati allo sviluppo dell’io, permette inoltre il passaggio dagli interessi dell’io a quelli dello spirito. Ai livelli superiori, gli angeli custodi sanno chi sono e che cosa vogliono, ma la loro compassione è ancora più grande del loro interesse a se stessi. Si dedicano agli altri non perché essi stessi valgano, ma perché quell’agire è l’espressione più alta di tale valore. L’amore al loro interno è ancora più forte dell’istinto di sopravvivenza. L’angelo custode è l’archetipo della generosità.
L’A.C. ha in sé per sua natura un lato negativo. Un’espressione di questo lato è il soffocatore, la parte che vuole mantenere all’infinito lo stato simbiotico madre-bambino. In effetti, l’accudimento può essere un modo in cui la madre o il padre archetipico divora il nuovo e fragile sé che cresce, per cercare di renderlo o di mantenerlo parte di sé.  Sia gli uomini  che le donne usano gli altri per sentirsi interi, e lo fanno del tutto inconsapevolmente. Ad esempio, le madri che hanno sacrificato la propria vita, vivendo solo per il marito e i figli, spesso vivono vicariamente attraverso loro. Ciò vuol dire che marito e figli sono spesso manovrati o forzati a fare ciò che l’angelo custode vorrebbe fare, e a vivere la sua vita non vissuta. I padri angeli custodi che sacrificano la ricerca di sé sono inclini a realizzare vicariamente attraverso i propri figli e a chiedere similmente a questi di vivere i propri sogni non vissuti o di restare ciecamente fedeli ai valori e alle regole proprie.
Tanto gli uomini che donne portano spesso i loro bisogni emotivi nella relazione, pretendendo che la persona che amano riempia il loro vuoto. In questo caso la donna spesso rivela questa tendenza col desiderio di condividere tutto e di fare tutto insieme e di rivivere col proprio compagno l’originaria simbiosi con la madre. Si aspetta inoltre che l’uomo interpreti anche il ruolo di padre, in qualche caso mantenendola finanziariamente, ma comunque proteggendola dalle difficoltà. Se lui non si presta a dedicarsi a lei in questi termini, va in crisi e si dispera e lui da bravo angelo, risponde consolandola e accudendola. L’uomo che guarda la donna per rimediare alle proprie carenze a livello emotivo può sentirsi al tempo stesso minacciato dall’intimità e in particolare da ogni accenno di simbiosi. Vuole mantenere la propria libertà e insieme si aspetta che la donna sia sempre lì ai suoi comodi. Vuole poter andare e venire e prendersi tutto quello che può a livello di relazioni sessuali e affettive, ma se la donna non si mostra disponibile, si ritrae, tiene il broncio e minaccia di abbandonarla, finché lei non fa vedere che s’è pentita. Un’altra versione dell’angelo custode è il martire sofferente, il tipo di donna o di uomo che ha l’impressione di dare sempre agli altri e di non ricevere mai niente in cambio. Di regola, il martire o ha difficoltà a ricevere o ha una scarsa autostima, o difetta nell’arte del guerriero e non sa dire di No.
Ciascuno di noi ha al suo interno un bambino che lo accompagna per tutta la vita. Fin quando non sviluppiamo il nostro angelo custode interiore, dipenderemo sempre dagli altri per il nutrimento e la cura del bambino al nostro interno. L’angelo custode interiore è attento ai bisogni del bambino interiore e pronto a notare quando quel bambino viene offeso o trascurato. Gli manifesta affetto incondizionato, qualunque cosa faccia. E’ quella parte di noi che ci suggerisce di fare un bagno caldo o di andare a letto con un bel libro. Ci aiuta anche a capire il modo di gestire meglio le situazioni difficili, così da non risentirne tanto la prossima volta.
La grande lezione di questo archetipo è di essere pronto a dare pienamente e completamente ciò che è suo compito dare, ma anche di sviluppare l’autoconoscenza superiore necessaria per riconoscere i propri limiti e le priorità. È questa stessa capacità di dire no, se è il caso, perfino alla migliore delle cause, che permette infine all’angelo custode di dire no alle richieste dell’io se sono in contrasto con lo spirito.


IL CERCATORE

Traguardo: ricerca di una vita o di un modo d’essere migliore
Paura: il conformismo, la prigionia
Risposta al drago- problema: lasciarlo, fuggire, liberarsene
Compito: essere fedele a una verità più profonda o più alta
Dono: ambizione, autonomia


Il C. è alla ricerca di un futuro migliore o di un mondo più perfetto. L’invito alla ricerca può arrivare a qualsiasi età, ma è più chiaro e distinto nella tarda adolescenza e all’inizio dell’età adulta. È questo il momento dell’esplorazione, il momento di imparare rispetto al mondo.
Spesso la ricerca inizia col bisogno di fare una scelta perché la vita appare soffocante e vuota. Il richiamo è vissuto come un senso di alienazione e di prigionia nell’ambiente in cui si vive al momento. Per il C. il problema è quello di un conflitto fra conformismo e individualismo, l’ambiente abituale appare troppo angusto. E tuttavia il desiderio di compiacere,   di inserirsi è ancora forte. Sappiamo tutti le rappresaglie che provoca l’infrangere le regole non scritte.
Si inizia conformandosi per compiacere i superiori e i coetanei, e si continua per assicurarsi le entrate e il prestigio e far contenti famiglia e amici. Ma alla fine l’adattamento crea una tensione fra quelli che siamo dentro e come ci si aspetta che ci comportiamo. Questa tensione è indispensabile per lo sviluppo. L’adattamento è definito dai modi in cui la gente si somiglia, l’individualità è definita dalle differenze.
Se prestiamo attenzione alla nostra vita a livello fantastico, possiamo scoprire l’immagine di ciò che stiamo cercando. Le immagini sono dentro di noi. Mentre vaghiamo nel deserto, è essenziale che ci teniamo stretti alla nostra fede nel viaggio e in uno scopo superiore, per sapere che la manna cade dal cielo. Le aspirazioni del nostro cuore, comunque, sono collegate all’ansia interiore di sapere chi siamo realmente e di partecipare alla grandezza dell’universo. Non è mai troppo tardi per rispondere all’invito all’avventura da parte dello spirito. Spesso tentiamo molte strade senza successo, e magari qualcuna anche patologica, prima di trovare quella che cerchiamo. Spesso interrompiamo a metà il nostro impegno nel viaggio, a quel punto ci accontentiamo di essere viandanti anziché cercatori, isolati dagli altri, terrorizzati da un vero rapporto. Dobbiamo essere autonomi e diversi a camminare. Non riusciamo a impegnarci o a legarci realmente. Anche se ci sposiamo, dentro di noi continuiamo ad aspettare il principe azzurro. Possiamo tenerci il lavoro, ma sappiamo che non è il nostro vero lavoro. In realtà, la vita stessa ci sembra vuota perché aneliamo al paradiso o almeno a qualcosa di meglio.
Molti di noi non si impegnano mai veramente rispetto a se stessi o al proprio viaggio. Ma soltanto quando riusciamo a farlo cessiamo di essere viandanti senza meta e diventiamo autenticamente cercatori.
A quel punto, il nostro cercare assume una qualità diversa e più profonda. Ad un tratto ci troviamo a cercare la profondità e l’autenticità spirituale, e sappiamo che non è solo un cambiamento d’ambiente, di compagni o altro, ma un cambiamento in noi stessi. A volte, questa nuova ricerca comincia ad avere in sé una qualità spirituale, anche se possiamo preferire non definirla in termini religiosi, perché cerchiamo qualcosa che ha un significato profondo ed eterno. Al livello più alto, il C. trova la verità che cercava. Nel mondo reale, ognuno di noi ha trovato una qualche verità, e in questo modo possiamo essere tutti insieme cercatori e vaticinatori, che ci scambiamo domande e intuizioni l’uno con l’altro.
Se non rispondiamo all’invito del nostro C., possiamo farne esperienza nelle sue forme ombra. Il C. ombra si manifesta in un’esigenza ossessiva di essere indipendenti, che ci separa e isola dagli altri. Se l’esigenza è totalmente negata, tende a manifestarsi in sintomi di ordine fisico e mentale. Molti miti ci avvertono che l’ambizione spirituale è dannosa, e non soltanto nelle sue forme ombra. Il C. è l’archetipo del passaggio dall’io allo spirito, e spesso sono solo le ambizioni del nostro io che condannato ad avere il fegato perpetuamente roso da un avvoltoio. Dedalo     avverte suo figlio Icaro di non volare troppo in alto, ma Icaro, per superbia vola troppo vicino al sole che scioglie le sue ali di cera e precipita nel mare. Non è il tentativo di salire che viene punito quanto la presunzione e il non rispetto dei limiti appropriati.
Il desiderio di trascendenza che motiva tutta l’aspirazione sembra essere un bisogno umano eterno di quello dell’aria, dell’acqua, del cibo e del calore. In effetti, in molti casi, è così forte che l’individuo è pronto a rinunciare a questi bisogni umani fondamentali pur di ottenere la trascendenza. I grandi artisti mettono in gioco la salute fisica per perseguire il sublime nella loro arte; i grandi mistici hanno digiunato, indossato il saio, e offeso o deprivato il loro corpo al servizio dello spirito; gli scalatori rischiano la vita per raggiungere la cima; gli atleti ignorano gli eventuali incidenti e continuano la gara pur di ottenere la vittoria; gli studiosi consumano la loro vita sui libri pur di poter attingere il sapere.
La trasformazione del bruco in farfalla esige più che una ricerca attiva. Perché abbia luogo una vera trasformazione, dobbiamo morire alla nostra precedente identità.


DISTRUTTORE

Traguardo: crescita, metamorfosi
Paura:l’annullamento, la morte senza rinascita
Risposta al drago-problema:farsene distruggere, o distruggerlo
Dono: l’umiltà, l’accettazione

L’esperienza dell’iniziazione può essere precipitata dalla morte di un figlio, della persona che si ama o di un genitore, con l’improvvisa coscienza della mortalità. La causa scatenante è il senso della propria impotenza, la scoperta che tutto ciò su cui contavamo e per cui lavoravamo è finito nel nulla. Tutti moriamo. Possiamo credere o non credere in un Aldilà ma dobbiamo confrontarci tutti con la realtà di questa mortale vita terrena, con la sua bellezza e gli attaccamenti che crea in noi. La precarietà della vita ci fa riconoscere quanto questa sia preziosa. La consapevolezza della morte può liberarci dall’interesse ossessivo al potere, alla fama e al successo, col suo richiamo a ciò che conta realmente. Freud ha compreso che nella vita umana thanathos è una forza potente quanto eros, e che non può essere negata. Tanti di noi inconsciamente scelgono concretamente la propria morte nel momento in cui vivono. Gli esseri umani sembrano incapaci di dissociarsi totalmente dal distruttore. Ciascuno di noi ha al suo interno un distruttore che è alleato della morte, che ama la morte. È questo D. ombra che nel mondo di oggi cerca di distruggere lo spirito ai fini dell’io. Il D. cerca di salvare il nostro io aggredendo lo spirito per tutelare la nostra identità. Alla fine, attaccherà anche le nostre difese, aprendoci la porta all’incontro col nostro sé più profondo.
L’eroe mira ad armonizzare l’io, il sé e lo spirito, ma sono stati tanti quelli che hanno deciso di sviluppare lo spirito a spese dell’io e del sé. Ciò ha generalmente significato la rinuncia ai beni e ai legami affettivi del mondo in favore di una vita spirituale di tipo monastico. Per la maggior parte di noi, la rinuncia non è così completa. Vogliamo una vita armonica che comprenda insieme al successo terreno l’evoluzione spirituale. Anche in questo caso possiamo beneficare delle tecniche meditative che ci aiutano a svuotarci ed aprirci senza dover sperimentare la perdita. Il vuoto interiore ci libera dai rimpianti rispetto al passato, dalle ambizioni o dalle paure per quel che riguarda il futuro.
Qui il D. diventa il nostro alleato. Impariamo a rinunciare e a lasciar andare ogni cosa che non serva più al nostro viaggio. La meditazione e le altre pratiche spirituali, nel momento in quanto tale, ci preparano per la morte. Il D. comincia a diventare nostro alleato nel momento in cui riconosciamo la necessità di rinunciare alle cose senza rifiutare il dolore o l’angoscia che ciò implica. Può anche diventare il nostro consigliere, se impariamo a consultare la nostra morte ogni volta che prendiamo una grave decisione. Permettendo che a guidarci sia la morte, anziché le nostre paure o ambizioni, prenderemo meno decisioni insensate. Se dovessi morire domani, che cosa sceglieresti di fare oggi?
Il D. è anche il trasformatore. I sacri misteri delle religioni della natura ci ricordano che la morte è sempre seguita dalla rinascita. Vedi le stagioni. Per quanto buio e freddo possa essere l’inverno, viene la primavera.
Come tutti gli archetipo, il D. ha tanto aspetti negativi che positivi. Gli atti distruttivi quali la rapina, lo stupro, l’omicidio sono opera del D. nella sua forma patologica.
Il D. ci trasforma in perversi quando ci rifiutiamo di ammettere e di assumerci la responsabilità del male che facciamo. Nei casi peggiori, individui che hanno mancato di sviluppare la capacità dell’io di controllare i propri impulsi o un sufficiente senso morale finiscono totalmente in potere del D. e non riescono né vogliono fermare il comportamento distruttivo.
In forma più positiva il D. ci aiuta a far pulizia dentro di noi. Nell’ ambito affettivo ci aiuta a rompere i rapporti che non funzionano più, in quello psicologico, a sbarazzarci di modi di pensare e di agire che non ci si confanno più. Intraprendere il viaggio ci apre a far esperienza del nostro potere tanto creativo che distruttivo.


L’AMANTE

Traguardo: la felicità, il sentirsi uno in sé e con gli altri
Paura: la perdita dell’amore, il senso di essere diviso da sé e dagli altri
Risposta al drago: amarlo
Compito: perseguire la felicità, impegnarsi nei confronti di ciò che si ama.
Dono:l’impegno, la passione, l’estasi.

Conosciamo l’eros quando viviamo un legame appassionato, con una causa, una religione, un modo di vivere, un legame così forte che il pensiero di perdere l’oggetto del nostro amore ci provoca intollerabile pena. Senza l’eros possiamo essere nati ma non essere mai realmente vivi: è come se il nostro spirito non toccasse mai veramente la terra. È l’eros, la passione, l’attaccamento, il desiderio, la  stessa lussuria che ci rende vivi. L’eros appartiene allo spirito e non all’io. La lussuria è una pure questione fisica, l’eros è la passione che si ha quando corpo e spirito sono in armonia. Scrive Campbell che ci sono due strade nella vita. La strada della mano destra che è quella che in questo libro descriviamo come la via dell’io è prudente e pratica. La strada della mano sinistra che è quella che si chiama la via dello spirito. È più rischiosa. È la strada di chi segue la propria stella, il rapimento, l’estasi. L’eros è famoso per la mancanza di prudenza. Per gli antichi era una maledizione cosmica essere colpiti dalle frecce di Cupido mentre si osservava qualcosa di inappropriato. Spesso ci rendiamo conto dell’eros quando ci innamoriamo di qualcuno che il nostro io non sceglierebbe, qualcuno che magari non è bello, colto o benestante. Quando continuiamo a essere tormentati contro il nostro miglior giudizio, scopriamo che in realtà non siamo così padroni di noi stessi come pensavamo. L’amore è il cibo spirituale dello spirito ed è lo spirito che dà la vita all’io. Senza amore  il recipiente io a un certo punto comincia a inaridire e a frantumarsi. Ma quando siamo in contatto con la nostra sensibilità più profonda noi non possiamo passare accanto a un barbone per la strada senza soffrire, non possiamo vedere le foto di bambini affamati al   tg senza star male, non possiamo vedere maltrattare un compagno di lavoro senza prenderci a cuore la sua situazione. Se non c’è nulla che possiamo fare in queste situazioni, l’eros ci procura un forte senso di impotenza che si associa all’esperienza della morte. Se c’è qualcosa che possiamo o siamo disposti a fare, l’eros può essere sostenuto dal nostro guerriero o dal nostro angelo custode e possiamo farci avanti e aiutare. In questo caso l’eros non porta la morte ma maggiore vita.
L’amore arriva anche compassione, perdono e grazia. Nella maggior parte delle religioni questo perdono viene da Dio. Visto in chiave psicologica, il perdono deve venire da noi stessi. Paradossalmente, è l’amore che ci chiama a vivere e a sentire in profondità, è l’amore che ci chiama a vivere e a sentire in profondità, è l’amore che permette di perdonarci in modo da poter tornare ad essere vivi. Ed è l’amore della compassione che ci permette di perdonare alle persone che amiamo il fatto di non vivere all’altezza della nostra idea di loro e la loro incapacità di soddisfare tutti i nostri bisogni. Vivere secondo l’amore vuol dire accettare che tutto l’amore, profano o spirituale che sia è un dono. Onorando l’eros, noi situiamo il centro della coscienza nello spirito, amiamo e onoriamo noi stessi, il nostro prossimo e la terra. Lo facciamo coltivando un atteggiamento di rispetto nei confronti del nostro corpo, della nostra sessualità e dello spirito immane nella natura. Quando riconosciamo che tutto ciò che nell’universo è sacro non è separato e sopra di noi,  ma è anche sotto do noi, nella terra e in noi stessi, possiamo impegnarci nel nostro viaggio in maniera consapevole.
Nella misura in cui coltiviamo un’affettuosa accettazione nei nostri riguardi, noi possiamo anche trasformare noi stessi. Accettarsi significa abituarsi a perdonarsi. Significa anche perdonare gli altri, dal momento che spesso ciò che più in essi critichiamo è la proiezione dell’ombra che ci portiamo dentro. Possiamo avere sufficiente carattere per tenere sotto controllo i nostri comportamenti meno desiderabili, ma gli impulsi sono pur sempre presenti. Riuscire a comprendere e perdonare chiunque abbia fatto del male a noi o ad altri è un modo di affermare la parte ombra della nostra psiche e insieme l’ombra universale della specie umana. Come nella fiaba della bella e la bestia, la capacità di amare la bestia o l’ombra in noi stessi e negli altri spesso trasforma la stessa bestia in un principe o una principessa. A livello spirituale, nostro compito è quello di imparare a rispondere al tutto, non soltanto alle parti che sembrano buone e pure o attraenti e divertenti ma di sperimentare con piena partecipazione la totalità della realtà in tutte le sue connessioni.


CREATORE

Traguardo:creazione di una vita, di un lavoro o di una nuova realtà quale che sia
Paura: mancanza di autenticità, creazione abortita, incapacità a livello d’immaginazione
Risposta a drago-problema: accettare che fa parte del sé, parte di ciò che si è creato, essere desiderosi di creare un’altra realtà
Dono: creatività, identità, vocazione

Quando scopriamo o mettiamo al mondo il nostro vero sé, nella nostra vita entra contemporaneamente il creatore. Non appena prendiamo coscienza del nostro collegamento con la fonte creativa dell’universo, iniziamo a prendere coscienza della nostra parte nella creazione. Quanto più riusciamo a stare a contatto col nostro spirito e quindi col naturale ordine del cosmo, tanto più siamo in contatto con la parte trasformativi e creativa di noi stessi.
Il segreto è di non creare una divisione fra se stessi e la grande fonte spirituale creativa dell’universo. La sostanza del rivendicare il C. al proprio interno è nel riconoscere che la grande fonte spirituale dell’universo non è separata da noi. Noi siamo parte di quella fonte e quindi co-creatori della nostra vita- con Dio e con ciascun altro. Infatti una proiezione positiva e insieme realistica del nostro futuro ci rende liberi di godere la vita presente e di far avverare i nostri sogni. Le visioni sono più potenti quando sono volontariamente condivise. Se a sostenere i nostri desideri per noi stessi e a coltivare coscientemente la visione c’è un intero gruppo, i risultati sono generalmente molto più potenti. È però fondamentale che la nostra visione sia in armonia con la nostra identità profonda e con quello che dovrebbe essere il senso più positivo della nostra vita.
Per quanto la nostra coscienza possa diventare una e noi possiamo essere fedeli a noi stessi, la maggior parte di noi rimane limitata dai propri condizionamenti, dai vincoli sociali e dalle leggi naturali. Se non abbiamo intrapreso il nostro viaggio e non abbiamo sviluppato e collegato con lo spirito un forte io, non stiamo ancora creando coscientemente. Creatore assoluti o no della nostra vita, noi siamo responsabili della misura in cui facciamo fruttare il potere che abbiamo. Quel potere è diverso a seconda delle circostanze sociali ed economiche e del livello del nostro sviluppo psicologico e spirituale. La creatività è la base di ogni vita ben vissuta. Tutti creiamo la nostra vita in base alle scelte di cui disponiamo rispetto a come viverla, non importa quanto queste scelte ci sembra che dipendano da noi e siano in nostro potere, altre è come se si fossero impadronite in noi e si vivessero sulla nostra pelle. È l’immaginazione che ci aiuta a trovare significato e bellezza nella nostra vita. È questo che intende Hillman quando dice: noi siamo vivi  o morti a seconda delle condizioni del nostro spirito. L’alienazione e la noia oggi imperanti non sono il risultato inevitabile di una qualche realtà esterna, ma il riflesso del sottosviluppo della nostra capacità immaginativa. Spetta all’immaginazione interpretare il mondo che ci circonda in maniera poetica. Renderci ricettivi in modo da ascoltare ciò che l’immaginazione ci dice, per scoprire qual è il prossimo passo da fare è una delle tecniche di sopravvivenza più importanti che possediamo. C’è chi lo fa con la preghiera e la meditazione, chi facendo una passeggiata o lavorando in giardino o in altri hobbys.
Quando nella nostra vita è in funzione il creatore, noi siamo consapevoli dell’esistenza di un destino e della responsabilità che abbiamo di possedere una visione della nostra vita e procedere in base a essa. Possiamo avere l’impressione di perdere la nostra anima. Il C. ci sospinge fuori dai ruoli falsi e che non ci rispondono, per affermare la nostra identità. Quando l’archetipo è attivo si è come consumati dall’esigenza di creare la propria vita, come accade all’artista che ha bisogno di dipingere. Il lato ombra di questo archetipo è la creazione di circostanze negative e di opportunità limitate, creazione ossessiva e mania del lavoro.
L’arte ai suoi massimi livelli ci dà un’idea della sensazione che si prova quando si crea la propria vita seguendo la verità dello spirito, attraverso un processo in cui spirito e io sono così totale armonia che è come se noi fossimo due persone che danzano in perfetta sintonia, o diverse energie nel corpo di un unico ballerino integrante in una splendida danza. Lo sforzo della creazione non dev’essere per forza sentito come fatica o lotta, può essere sentito come una danza. È pericoloso creare soltanto sulla base dello spirito poiché esso è insensibile ai bisogni del corpo e ci farà andare avanti a creare, lavorare o danzare fino a quando il corpo crollerà. Se pensiamo all’azione creativa come una danza, è più facile vedere che la creazione della vita come arte dipende dalla nostra capacità di prenderci cura del nostro corpo sano e resistente, un ballerino non può ballare bene. La danza è perfetta quando chi danza sente non di stare danzando ma di essere danzato. Con io e uno spirito ben integrati, la creatività viene sentita non come la sofferenza conseguente all’ignorare i bisogni del corpo in favore del richiamo dello spirito ma come un fiorire dell’essere.

IL RITORNO
DIVENIRE LIBERI


IL SOVRANO

Traguardo: un regno(vita) armonioso e felice
Paura: il caos, la perdita di controllo
Risposta al drago/problema: trovarne l’uso costruttivo
Compito: assumersi la responsabilità della propria vita, trovare modi per esprimere il proprio sé più profondo nel mondo
Dono: il potere supremo, la responsabilità, la competenza.

Quando dentro di noi è in funzione il sovrano, siamo integrati, completi e pronti ad assumerci la responsabilità della nostra vita. Non abbiamo paura di riconoscere che il nostro regno ci riflette e che guardandoci intorno possiamo vedere noi stessi. Ad esempio, se il nostro regno è sterile, è perché riflette la sterilità che è dentro di noi. Se viene continuamente attaccato e invaso, significa che il guerriero non ne protegge i confini e occorre che il sovrano chiami a raccolta le truppe. Se il nostro regno è respingente e ostile è perché il nostro angelo custode non è abbastanza all’opera e il sovrano deve occuparsi di questo problema. E così via. Viceversa, quando il regno fiorisce, è segno di un tempo di relativa integrità interiore. Quando nella nostra vita è all’opera l’archetipo del sovrano, noi ci sentiamo a nostro perfetto agio nel mondo fisico e dentro la nostra pelle. Apprezziamo il processo dell’esprimere la nostra identità nell’ambito terreno del lavoro, del denaro, e dei beni materiali. I sovrani sono dei realisti che non possono permettersi di avere illusioni. In effetti devono comprendere la politica del potere e interpretarla. Ciascuno di noi ha la completa responsabilità della propria vita. Ciò non significa che dobbiamo considerarci colpevoli di ciò  che ci succede. Significa soltanto che abbiamo il potere e la responsabilità di prendere le iniziative appropriate in ogni situazione che ci si presenta. I buoni sovrani fanno scelte che combinano le loro personali predilezioni, i loro sogni e le loro speranze col contesto in cui vivono, per cui sono realisti. Ma oltre a questo, sono benevoli. Non solo considerano l’impatto delle proprie azioni sugli altri perché vogliono proteggersi da conseguenze impreviste o spiacevoli, ma si adoperano anche ad armonizzare il proprio bene con quello degli altri.
Ma ogni volta che proviamo un bisogno incoercibile di controllare noi stessi o gli altri e l’incapacità di affidarci al processo, vuol dire che si è in possesso del sovrano ombra. Per cui bisogna ravvedersi invocando il distruttore per eliminare questo pernicioso nuovo approccio e invocare l’amante per trarre da quest’esperienza inizialmente dannosa una lezione trasformatrice che possa guidare l’azione futura e aiutarci a mantenerci sulla direzione giusta per noi. È anche importante ricordare che il S. ombra emerge nella nostra vita non perché stiamo manifestando troppo potere ma perché ne manifestiamo troppo poco. Spesso sostituiamo il potere esteriore al potere interiore. Il S. deve imparare a usare il potere non solo per ottenere la fama o la fortuna, ma per creare un regno ricco di bene per tutti noi.
Il S. che è dentro di noi è sempre alla ricerca del potenziale segreto delle persone su cui abbiamo influenza, per fa sì che esse possano usare le loro doti in modo produttivo. Alla stessa maniera si preoccupa dell’ordine. Il regno non può essere pienamente produttivo se non regna l’armonia e i conflitti non vengono gestiti in maniera efficace.


IL MAGO


Traguardo: la trasformazione in senso positivo della realtà
Paura: magia nera
Risposta al drago/problema: trasformarlo o guarirlo
Compito: sintonizzare il sé col cosmo
Dono:il potere personale

Il mago in ciascuno di noi ci fornisce un senso di relazione col tutto e la comprensione che ciò che è dentro di noi contiene tutto ciò che è al nostro esterno. Il microcosmo e il macrocosmo si riflettano a vicenda. Rileva Serge King che nella tradizione hawaiana gli sciamani si vedono come ragni in una vasta tela che si estende in tutte le direzioni, verso ogni parte dell’universo. Come un ragno, lo sciamano può muoversi attraverso la tela senza restarne prigioniero ed inviare vibrazioni lungo la tela influenzando coscientemente qualsiasi cosa nell’universo. Sono queste vibrazioni che hanno il potere di provocare la guarigione. Quando diventiamo più sani e vivi, mettiamo in moto ciascuno un’onda che si ripercuote sugli altri. Se viceversa ci chiudiamo e diventiamo meno vivi, anche questo si ripercuote sugli altri. La fede in questa relazione reciproca può anche avere un potente effetto sul nostro viaggio. Ad esempio, quando ci sembra di andare con la corrente e quello che vogliamo ci viene spontaneamente incontro è segno che siamo integrati col fine del nostro spirito. Viceversa, quando stiamo andando nella direzione sbagliata, spesso sulla nostra strada compaiano degli ostacoli. Quando il mago opera nella nostra vita cominciamo a notare eventi sincronistici , vale a dire coincidenze significative.
Ogni tipo di sciamanismo implica il viaggiare in un altro mondo, il che significa che uno esce dalla comune coscienza quotidiana delle onde beta del cervello per entrare in altre modalità cerebrali(onde alfa, theta) o semplicemente nella fantasia o nel sonno. Le tecniche per accedere in particolari  stati alterati comprendono l’uso delle percussioni, la meditazione, l’ipnosi, la danza in stato di trance e la respirazione profonda. Un modo di risvegliare il M. interiore è semplicemente diventare consapevoli al momento di entrare in questi piani di realtà.
Un mezzo potente per trasformare la nostra vita consiste nel cambiare il modo di definire la nostra esperienza. L’impulso a prendercela con noi stessi è profondamente radicato nella nostra cultura. Invece di vederci come malati,inetti, o di soffermarci sugli errori passati o futuri, è possibile fidarci in assoluto di noi stessi e sapere che scegliamo ogni evento della nostra vita per la nostra stessa crescita ed evoluzione. Un atteggiamento del genere restituisce dignità e senso dell’avventura alla vita e trasforma le circostanze più negative in opportunità di crescita.
Il mago nella forma negativa è lo stregone nero, che usa il proprio potere per far del male anziché per sanare. Il mago ombra tende a possederci tutti: nonostante le migliori intenzioni di comportarci bene, possiamo trovarci ad agire in termini ostili e perniciosi. A livello di immaginazione ci facciamo venire in mente che a noi e agli altri accadano cose spiacevoli. Siamo segretamente contenti quando ad altri succede qualcosa di male, e tendiamo a comportamenti autodistruttivi, trasformando quella che potrebbe essere un’occasione positiva in un evento negativo. I maghi sani sanno come usare il carisma per aiutare i propri figli, allievi e clienti. Lo stregone nero e la strega vogliono soltanto avere gli altri in proprio potere.



SAGGIO

Traguardo: verità, comprensione
Paura:inganno, illusione
Risposta al drago/problema: conoscerlo, comprenderlo o trascenderlo
Compito: conquista della conoscenza, della saggezza, dell’illuminazione
Dono: scetticismo, saggezza, distacco.


Il saggio non ha bisogno di dominare il mondo ma solo di comprenderlo. La strada del saggio è il viaggio alla scoperta della verità, su se stessi, sul mondo e sull’universo. La sfida del saggio è quella di decifrare gli indizi e risolvere l’enigma di fondo dell’esistenza.
Nella meditazione, il saggio è quella parte di noi che sta dietro i pensieri, le emozioni e i desideri e osserva semplicemente l’azione. Le pratiche meditative rafforzano la parte di noi stessi più autenticamente spassionata, oggettiva, capace di contemplare senza farsi coinvolgere anche quando i problemi e i bisogni della vita sono più pressanti, ci permette inoltre di renderci conto che noi non siamo i nostri pensieri né le nostre emozioni, così che non siamo più prigionieri e agli ordini di qualsiasi paura o desiderio. Talvolta, per lo spazio di secondi, questo osservatore interiore ci può liberare del tutto dai moti della mente e del cuore, facendoci sprofondare in una realtà originaria che supera quella dei nostri sensi. Tali pratiche aiutano gli individui a collegarsi con una realtà più vasta- esterna, interna, o cosmica- attraverso un primo riconoscimento, e l’accettazione, della totale soggettività della vita umana. Non potremo vedere la verità oltre noi stessi fintanto che non prenderemo coscienza delle nostre inclinazioni. È per questo che è difficile, se non impossibile, essere autenticamente saggi senza essere messi in viaggio. Poiché è attraverso il viaggio che noi scopriamo la nostra identità e diventiamo consapevoli di noi stessi. Dobbiamo prima sviluppare la mente e il cuore fino a livelli più alti possibili e imparare a comprendere la relatività della verità sia razionalmente sia con il cuore, per poterci distaccare e restare quieti in noi stessi, aprendoci all’esperienza di una nuova realtà. Paradossalmente, è solo quando siamo giunti a comprendere l’impossibilità di sapere una cosa qualsiasi per certa, dato che siamo tutti assolutamente prigionieri della nostra soggettività in un universo dove tutto è relativo al contesto, è solamente allora che possiamo abbandonare la presa, smettere di affannarci per conoscere e lasciare che la verità entri nella nostra vita come un DONO. A un certo punto il Saggio smette di cercare la conoscenza e ottiene la saggezza che naturalmente è lo scopo ultimo del suo cammino. Il S. ci dice che non potremo essere liberi finché non saremo disposti ad abbandonare illusioni e attaccamenti e non cercheremo di armonizzare la nostra volontà con la stessa verità. Il S. non lotta mai contro ciò che è, ma cerca di approfondire la sua comprensione di quale potrebbe essere la verità.
Quando ci lasciamo catturare dall’aspetto ombra del saggio, siamo non tanto distaccati quanto tagliati fuori dalla realtà. Le cose che succedono intorno e dentro di noi ci sembrano appartenere a un altro mondo. Possiamo registrare ciò che succede ma non sentiamo nulla a riguardo. Ci sentiamo del tutto insensibili. Siamo ossessionati dal timore dell’attaccamento, per cui non riusciamo a impegnarci nei confronti di altre persone, di progetti  e di idee. A volte ci illudiamo che questo ci renda liberi, ma non lo siamo affatto. Siamo semplicemente troppo terrorizzati dall’impegno per legarci realmente a qualcuno o a qualcosa, quale che sia. Il S. negativo è spesso ossessionato dalla perfezione, dalla verità, dalla giustizia del proprio comportamento, e non conosce la tolleranza per le normali emozioni e debolezze umane. Un tale saggio è di regola incline alle pratiche ascetiche e disprezza costantemente se stesso o gli altri per ogni segno che denoti una mancanza di perfezione. Niente è mai veramente abbastanza perfetto per lui. È tipico del S. ombra voler controllare la conoscenza rendendola inoffensiva. Di regola, riconoscerà soltanto il modo che corrisponde al suo stile d’apprendimento, di conseguenza l’unico in cui lui eccelle. A questo punto la conoscenza diventa per lui un modo di ostentare superiorità sugli altri. Quando l’ombra ci ha afferrati, ci sentiamo freddi, vuoti, sulla difensiva e minacciati dagli altri. Spesso ci sentiamo anche aggrediti e fraintesi dagli altri, che per una qualche sconosciuta ragione ci vedono come dogmatici e tradizionali. Molte volte ci sentiamo superiori rispetto a questi altri e non capiamo perché gli altri non ci vedono alla stessa maniera. Possiamo perfino rammaricarci per noi che siamo tanto affaticati tenere alto l’ideale. La sensazione è quella di chi protegge la sacra fiamma della verità contro quanti vorrebbero spegnerla per sempre.
La più alta conquista del S. è la libertà dall’attaccamento e dall’illusione. Nella misura in cui siamo attaccati, quando non patologicamente dipendenti nei confronti di certe cose, il nostro giudizio viene distorto, in quanto non siamo liberi di vedere con chiarezza. Se io sento di aver bisogno di una certa persona per essere felice, vedrò quella persona solo attraverso la lente del mio bisogno. Per di più, se siamo così legati e questa persona a un certo punto se ne va, io provo una sofferenza profonda. Lo stesso vale per un lavoro, evento, idea, abitudine o immagine di noi stessi a cui siamo attaccati. Se accade una cosa qualsiasi che ce ne priva, piombiamo nella più nera disperazione. La via buddista del S. ci mostra chiaramente che l’attaccamento e il desiderio sono la causa prima di tutto l’affanno e la sofferenza. Soffriamo perché siamo convinti di aver bisogno di certe cose o di certe verità. Se queste cose o verità ci vengono a mancare cadiamo in pezzi. L’unica strada sicura alla vera libertà e alla vera gioia è di delegare il controllo della propria vita a un potere più alto e più saggio di noi stessi. Per i fedeli di tante tradizioni religiose ciò significa affidare la propria vita a Dio. In un contesto psicologico, più laico, può essere l’affidarsi alla propria saggezza interiore. Dopo che si è imparato ad attaccarsi, l’imparare ad amare e a impegnarsi senza attaccamento porta libertà. Questa significa che uno può amare le persone senza dipendere da loro o dalla loro approvazione, per cui non ha bisogno di tenersele strette se per quelle va bene stare altrove. Per finire, impariamo a lasciar cadere lo stesso nostro attaccamento alla sofferenza. La sofferenza ci insegna ad aprirci, ad avere fiducia e a lasciar andare. Quando abbiamo imparato a cessare di combattere la vita e ad avere fede nei suoi processi, non abbiamo più bisogno di soffrire.


IL FOLLE


Traguardo: il divertimento
Paura: mancanza di vitalità, squallore
Risposta al drago/problema: giocarci insieme o prenderlo in giro
Compito: avere fiducia nel processo, il piacere del viaggio in quanto tale
Dono: la gioia, la libertà, la liberazione.


Il folle interiore non è mai separato da noi. In realtà è l’archetipo che viene persino prima dell’innocente. È l’aspetto del bambino interiore che conosce il gioco, la sensualità, la fisicità. È all’origine del nostro fondamentale senso della vita e della vitalità, che si esprime in una creatività primitiva, infantile, spontanea e giocosa. Quando nella nostra vita domina il folle, noi esploriamo il mondo dietro la spenta della curiosità, creando per la pura gioia del creare e vivendo la vita per quello che è, senza darci pena del domani e incuranti delle convenzioni, della morale tradizionale, di quello che diranno i vicini. Quando nella nostra vita è attivo il folle non ci curiamo di essere responsabili, quanto meno non per gli altri: ciò che ci interessa è essere liberi. Il che significa liberi dai doveri, dalle responsabilità, dagli impegni, dagli stessi rapporti che comportano obblighi sgradevoli, dal possesso. È un tempo in cui si è assolutamente felici di apparire ridicoli, di provare una pettinatura o un tipo di abbigliamento del tutto anticonvenzionale, di stringere una relazione che gli altri troverebbero scandalosa, di comportarci in maniera oltraggiosa. Ci sentiamo più vivi e vitali. Quando nella nostra vita il folle scarseggia, possiamo diventare saccenti, repressi, nervosi, anoressici, stanchi, depressi, indifferenti. Spesso il folle emerge nella nostra vita nei momenti più dolorosi, muore qualcuno che amiamo, perdiamo un lavoro a cui tenevamo molto ci viene meno la fede in noi stessi e tutt’a un tratto ci troviamo a ridere: è il folle che ci ricorda che la vita è dolce anche nei suoi momento peggiori. I folli, nel momento in cui prendono una decisione si basano quasi sul principio del piacere. Se una cosa piace, è bene. Se non piace, è male. Il folle va matto per la vita, per i piaceri dei sensi, per le idee, per le esperienze, spesso è la sete di esperienza e di avventura del folle che è all’origine del viaggio dell’eroe. Il contributo del folle alla nostra vita è l’elasticità, la capacità di rialzarsi e riprovare. Senza il folle che abbiamo dentro, non c’è modo di godere la vita per se stessa. Il folle sa come vivere il momento in tutta la sua pienezza di gioia e di esperienza e sa gustare i momenti più neri della vita sia pure solo per la loro qualità tragica. È la parte di noi che fa posto alla speranza quando non c’è un solo segno positivo all’orizzonte.
Il folle negativo può manifestarsi in una sensualità senza freni né regole, in accidia, irresponsabilità, ghiottoneria, alcolismo. Ci troviamo di fronte al briccone ombra quando i presunti pilastri della società vengono tutt’a un tratto colti con le mani nel sacco, afflitti dall’alcool o dalla droga o coinvolti in una relazione clandestina. Il folle ombra si esprime anche nella pazzia, quando l’io cede e l’inconscio invade disordinatamente la coscienza. Il folle ci fa credere di poter uscire da uno spazio psicologico delimitato ma a quel punto siamo sommersi dal troppo materiale psichico non smistato. La sfida è se ristrutturare l’io o andare a fondo. Laddove il briccone che si è sviluppato armonicamente ci aiuta a sapere come realizzare ciò che vogliamo, il briccone ombra ci mentisce circa quello serve per la sopravvivenza. Ci dice che la nostra psiche soffrirà troppo se non ci stordiamo con l’alcool e la droga. Ci dice che il rapporto profondo con un’altra persona è una minaccia alla nostra identità e ci persuade a rompere la relazione. Ci dice che per riuscire dobbiamo lavorare tutto il tempo e non prenderci mai un minuto per noi stessi. Questo folle ombra si diverte a nostre spese. Il miglior modo per liberarsi di un briccone ombra è  di andargli incontro e di prendere in considerazione non soltanto lo sviluppo spirituale ma anche la vita istintiva, terrena. Quando affamiamo il nostro folle ombra ignorandolo, questo si incattivisce e ci rivolta contro. È meglio ammansire e rendersi amica la belva con buon cibo, allegra compagnia ed esperienze piacevoli.
Il passaggio da briccone a folle saggio avviene quando il folle sperimenta l’iniziazione attraverso l’amore. Il folle non teme la morte o la perdita ma tende a temere l’impegno. Quando incontra l’eros e impara a stringere legami con gli altri a impegnarci nelle relazioni, nel lavoro, nelle idee, nei valori e in Dio, può esprimere il suo sé trascendente nel mondo.
Il folle ci permette di goderci la vita, il momento, lo scambio umano, senza giudizi ma anche senza illusioni. Avendo imparato a godere la vita per quello che è, non abbiamo bisogno di proteggere la nostra innocenza col diniego o di attaccarci alle convenzioni per proteggere il nostro posto al sole. Sappiamo che è bene fidarsi, non tanto perché nella vita il male non esiste quanto perché abbiamo imparato come sappiamo essere duttili. Non siamo semplicemente il nostro corpo. Il nostro spirito non soltanto sopravvivrà a qualsiasi tempesta ma troverà il modo di gustare il dramma della vita. Come scrive Annie Dillard “il morente all’ultimo momento non mormora “per favore” “ma grazie”, come un ospite che ringrazi il padrone di casa sulla porta”.